E’ arrivato il 3 giugno a Robecco sul Naviglio Antonio Juan Mella con la moglie Maria Cecilia, i figli Antonio Juan, Facundo Mariano e Carolina Maria. Ci sono anche le nuore Agustina e Layla con il piccolo Matteo Kamil di 4 anni. Sono entusiasti di visitare il paese dove ha avuto origine la loro famiglia, di camminare dove ha camminato il bisavolo Primo Juan Mella, prima di imbarcarsi per l’Argentina. Aspettavano tutti questo momento da circa mezzo secolo, da quando Antonio Juan ha iniziato a chiedersi quali erano le sue radici.
Sono stati ricevuti nel palazzo comunale e hanno pranzato nel Salone delle Aquile, con tante piccole delizie preparate da Sodexo e dalle cuoche del servizio di refezione scolastica comunale; sul grande tavolo anche decorazioni con i colori argentini, preparate da Sonia Gentile.
Da Buenos Aires i Mella hanno portato la statua benedetta della Beata Vergine di Lujan in dono per il parroco Don Emanuele Salvioli, che ha aperto le sale della canonica per mostrare il registro delle anime, manoscritto nel quale Antonio Mella ha potuto leggere la data di nascita del suo bisnonno. A sfogliare con lui il registro c’era Dario Tonetti esperto nello studio di documenti storici e archivi.
Il vice sindaco Giovanni Barenghi, con una piccola delegazione, ha accompagnato la famiglia Mella a passeggio per Robecco sul Naviglio. Sono stati organizzati incontri ufficiali e privati: dalla visita alle Scuderie moresche di Villa Sironi Marelli alla partita di pallone per il 1° trofeo Mella, dalla serata sul tema “Emigrazione” condotta da Ernesto Milani alla partecipazione alla rievocazione della battaglia di Magenta. La messa delle 18, in parrocchia, ha visto la partecipazione commossa di tutta la famiglia.
Racconta, un po’ in spagnolo e un po’ in italiano, Antonio Juan, nella serata organizzata con e per lui, la vita e il viaggio del bisnonno, emigrato in Argentina nel 1868, e intanto riassume l’epopea di tutta la famiglia fino alla propria nascita nell’ospedale britannico di Buenos Aires il 6 novembre del 1940: figlio di figli di emigranti italiani e di una mamma irlandese, Rose Woods Palmer, e oggi professore emerito di economia dell’Università di Buenos Aires.
Con metà della sua famiglia Antonio Juan ha sempre parlato in inglese, mentre con il papà solo in lingua spagnola. Antony o Antonio? Il Mella bambino si sentiva senza radici, diviso fra nazionalità diverse, tanto da arrivare a chiedere più e più volte al proprio papà: “Ma io chi sono?”. Il padre sul letto di morte, per l’ultima volta, gli risponderà: “I Mella sono uomini d’onore e di parola, gente buona. Ma l’Italia è grande e io non conosco da dove veniamo. Siamo soli, siamo qui.” E Antonio Juan Mella cresce e studia e lavora e riempie pagine del suo Curriculum Vitae di titoli acquisiti e opere compiute; ma per lui non è ancora abbastanza e se gli ricordiamo l’elenco delle imprese che ha portato a termine lui risponde: ”Si ho fatto tante cose, ma tante ne devo fare ancora; tra le righe del mio curriculum io vedo solo quello che ancora mi manca da compiere”.
Nel 2014 muore il papà di Antonio Juan; lui e la sorella decidono di dare una sistemata alla vecchia casa e mettere in ordine i documenti; in fondo a un cassetto, ben piegate e riposte, trovano alcune carte del bisnonno Primo Juan Mella. Il bisavolo era nato a Robecco sul Naviglio il 2 gennaio 1838 da Giuseppe e Luigia Falcettoni, aveva partecipato volontario alla Campagna d’Italia del 1859 nel 16° reggimento di fanteria, matricola 16933, aveva combattuto nella battaglia di Magenta ed era stato insignito della medaglia francese commemorativa con relativo diploma. Era poi partito nel 1868 per l’Argentina, e nella nuova terra aveva sposato una ragazza italiana di San Remo, Filomena Boeridi.
Nessuno sa perché Primo Juan sia emigrato in Argentina, quale sia stato il motivo che lo ha spinto ad abbandonare una terra per la quale aveva combattuto, ma poco importa, Antonio Juan può finalmente dire “Ora so’ da dove vengo, ho recuperato le mie radici”.
Ernesto Milani, laureato in letteratura anglo americana e ispanica, storico e ricercatore di storie di emigrazione, che ha organizzato la serata in collaborazione con la ProLoco di Robecco racconta: “Sono pochi i robecchesi emigrati in quella terra, solitamente si stabilivano a Dagus Mine in Pensilvania. Per passione e per lavoro, ho seguito le tracce di persone e sentimenti, frugando in documenti d’archivio, libri parrocchiali, registri di navi, ma anche attraverso cartoline, lettere, fotografie. Racconto storie di migranti approdati lontano, ma partiti da luoghi vicino a noi. Le racconto per chi ha voglia di ascoltare”.
Nel 2015 il Comune di Robecco sul Naviglio ha insignito Antonio Juan Mella della Cittadinanza Onoraria, conferitagli a distanza. Ora lui è qui, commosso e riconoscente.
Buon viaggio di ritorno nella tua Argentina, Antonio Juan Mella e, grazie di aver cercato con tanto accanimento le tue radici così da averci arricchito con la tua presenza e le tue storie.
Paola Mazzullo
L’articolo è stato pubblicato su Ordine e Libertà del 10 giugno 2016, pag. 34