È termina la 56ma edizione del Salone del Mobile di Milano, e con il salone si sono esauriti anche tutti gli eventi programmati per le strade della città con il Fuorisalone, a cui hanno partecipato, dal 3 al 9 aprile, anche alcuni studenti del liceo magentino “S Quasimodo”.
I giovani ciceroni multilingue hanno ricevuto l’incarico di illustrare le proposte di “White in the city”, un itinerario nato per raccontare, attraverso installazioni architettoniche e progetti, le mille sfaccettature cromatiche e simboliche del colore bianco.
«White in the city è stato progettato da Claudio Balestri, e dal designer Giulio Cappellini; ha coinvolto cinque dei luoghi più belli di Milano – l’Accademia delle Belle Arti di Brera, la Pinacoteca di Brera, Palazzo Cusani, l’ex chiesa di San Carpoforo e Class Editori Space – per farne palcoscenico per le installazioni architettoniche di giovani designer e grandi firme dell’architettura internazionale» ha raccontato Federica Appiani, che con quattro sue compagne Kaja Egzona, Ilenia Peluso, Serena Rizzetti e Alice Zanardini ha partecipato al progetto, organizzato dalla professoressa Elena Castiglioni, di alternanza scuola lavoro con la Pinacoteca di Brera.
Le studentesse magentine hanno svolto il loro prezioso compito, di accompagnatrici alla scoperta delle tante sfumature e sfaccettature del bianco, nella Sala della Passione della Pinacoteca.
«Abbiamo raccontato al pubblico internazionale, utilizzando le lingue imparate nel corso di studi (inglese, francese e spagnolo), il significato degli allestimenti e delle istallazioni selezionate da Marco Piva. Arredi e complementi, accessori di moda, prodotti per la “mise en place”, porcellane e ceramiche sono stati esposti in maniera scenografica per creare un’emozione a cavallo tra arte, design e architettura; per analizzare il tema del lusso in rapporto con il colore bianco, nelle sue infinite declinazioni. Per mostrare l’eleganza della sobrietà nel colore».
Un bel modo per sperimentare sul campo, quanto imparato sui banchi: «È stata una esperienza importante, a contatto con il modo dell’arte internazionale. All’inizio ci si sente un po’ spaesati e in imbarazzo. Difficile gestire le emozioni del contatto con il pubblico, il doversi esprimere correttamente in una altra lingua, la paura di non saper rispondere alle domande… ma si impara presto che per avere un buon rapporto con il pubblico dei visitatori bisogna, innanzitutto, essere sempre sorridenti e gentili e… non farsi scoraggiare da qualche turista maleducato».
Paola Mazzullo
Pubblicato su Ordine e Libertà il 14 aprile 2017, pag. 27