La cultura cambia e la lingua evolve di conseguenza; ma il nuovo ruolo sociale, culturale e politico della donna richiede tempo per essere assimilato e anche la lingua si trasforma e si adegua lentamente e faticosamente.
Di questo si è parlato nella serata ” Sessismo linguistico e discriminazione di genere” organizzata a Robecco sul Naviglio, giovedì 30 marzo, da Emanuela Morani, scrittrice e libraia alla libreria Il Segnalibro di Magenta, con la collaborazione di Carmela Arecchia insegnante di lingua italiana e Arabella Biscaro giornalista.
«Pe un uso non sessista della lingua occorre dare visibilità linguistica alle donne. Quando parliamo siamo sessisti senza saperlo e spesso senza volerlo, ma dobbiamo educarci, e educare, a riconoscere la differenza e il valore di ciascun genere» ha raccontato Carmela Arecchia, che sceglie, per i suoi alunni, testi che offrano linguaggio e contenuti rispettosi dell’identità di genere.
Il tema era attuale già nel 1987 quando Alma Sabatini, linguista e saggista, pubblicò “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua” per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna.
In quell’occasione Sabatini dichiarava che la figura femminile era svilita dall’uso di un linguaggio stereotipato, o quanto meno lasciata in una posizione subalterna rispetto all’uomo perché in italiano il genere grammaticale femminile risulta spesso nascosto “dentro” il genere maschile inclusivo, usato per riferirsi a donne e uomini nel loro insieme.
La rappresentazione delle donne attraverso il linguaggio costituisce ormai da molti anni un argomento di riflessione per la comunità scientifica internazionale e Cecilia Robustelli, docente all’università degli studi di Modena e Reggio Emilia, collaboratrice dell’Accademia della Crusca e co-fondatrice della Rete Rei (Rete per l’eccellenza dell’italiano istituzionale) ci insegna che: «Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società».
Al linguaggio viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella costruzione sociale della realtà, è perciò necessario che sia usato in modo non “sessista” e non privilegi più, come fa da secoli, il genere maschile ma diventi rispettoso di entrambi i generi.
Le resistenze ad adattare il linguaggio alla nuova realtà sociale sono ancora forti e così, per esempio, molti titoli rimangono di genere grammaticale maschile: il ministro Elsa Fornero, il magistrato Ilda Bocassini, l’avvocato Giulia Bongiorno. Resistenze linguistiche che celano anche resistenze di tipo culturale.
Se la nostra lingua non si muoverà verso un progressivo adeguamento alla nuova realtà, correrà il rischio di continuare a trasmettere una visione del mondo superata, densa di pregiudizi verso le donne e fonte di ambiguità e insicurezze grammaticali e semantiche.
Dopo aver proposto un uso più attento delle differenze di genere, fornendo esempi concreti, e aver consigliato una nutrica bibliografia per approfondire l’argomento, Morani, Arecchia e Biscaro hanno illustrato anche la storia di donne che, sfidando le regole sociali e familiari, hanno intrapreso carriere brillanti.
Non si è parlato di femminismo fine a se stesso ma di uno strumento, quello linguistico, per dare il giusto rilievo a ciascun “genere”. Le parole sono importanti e sono lo strumento con cui l’essere umano comunica e evolve, bisogna usarle con cura e consapevolezza. Rileggendo, ogni tanto, le regole della grammatica per ri-applicarle ai tempi nuovi.
Paola Mazzullo
www.paolamazzullo.it
Pubblicato su Ordine e Libertà il 7 aprile 2017, pag. 27