Cosa ha messo nella valigia Maria Invernizzi quando è partita, lasciando Abbiategrasso, per iniziare i suoi viaggi? E perché è partita? Rispondendo a queste domande iniziali, Maria racconta una storia bellissima, non di paesaggi ma di emozioni, non di necessità ma di desideri.
“Ho iniziato a viaggiare durante gli anni dell’università, studiando prima a Dublino e poi a Parigi” dice Maria, che ama l’Italia ma anche la cultura internazionale, l’incontro con la gente, il confronto con usi, abitudini e tradizioni di altri popoli.
“Non era pianificato e non desideravo andare via dall’Italia. Ma è successo. Ho avuto delle occasioni e le ho colte”.
Quando è rientrata in Italia, si è sposata, con Stefano; dopo qualche anno hanno proposto al marito un lavoro negli Stati Uniti; Maria è partita di nuovo e si è stabilita là per tre anni, allo scadere dei quali, sempre su richiesta dell’azienda per la quale lavorava Stefano, sono rientrati in Italia. Dopo un paio di anni, un’altra richiesta, un’altra partenza: è il turno di Malta.
“Questa volta sono rimasta in Italia, con i bambini. E’ stata una scelta difficile, ma uno dei nostri figli aveva incontrato qualche difficoltà con il cambio della lingua, e aveva bisogno di stabilità per recuperare. Ovviamente, ogni volta che è stato possibile, abbiamo raggiunto il papà a Malta. E’ passato qualche anno da allora; ora che il disagio con il cambio di lingua di nostro figlio si è risolto, noi siamo di nuovo in partenza, questa volta per la Croazia. Ci trasferiremo ad agosto” aggiunge Maria che sta rispondendo alle domande della redazione, con una e-mail, proprio dalla casa di Malta.
“Non abbiamo pianificato il nostro girovagare, è semplicemente accaduto e noi abbiamo seguito quello che la vita ci proponeva, sempre uniti, sempre d’accordo nelle scelte da intraprendere, cercando di darci una scala di priorità e decidendo in base a quella”.
Hanno mantenuto legami molto forti in Italia, sia con le famiglie sia con i numerosi amici dell’infanzia e della vita adulta. “Penso che, paradossalmente, se non avessimo avuto questi legami così saldi, sarebbe stato impossibile per noi affrontare tutti questi cambiamenti; in fondo, se hai un porto sicuro nel quale tornare, navigare è più facile”.
E racconta ancora della vita serena, appagante e concreta che stanno vivendo. “I miei figli sono ancora piccoli e non vorrebbero mai spostarsi, per non perdere amici e relazioni e abitudini, ma poi quando arriviamo nel Paese nuovo, si sentono presto a casa loro e si ambientano velocemente, forse anche più in fretta di noi. Credo che leggano la realtà attraverso gli occhi di noi genitori: se noi siamo dubbiosi, fanno più fatica ad adattarsi al cambiamento, ma se al contrario, noi siamo certi e sicuri della nuova avventura da affrontare, loro ci seguono con il sorriso pronto e sereno, di chi condivide certezze e si affida alle persone amate”.
Ovviamente, anche per Maria, Stefano e i bambini, ogni partenza porta con sé preoccupazioni e timori, ma anche la curiosità di conoscere posti nuovi e persone diverse: “L’entusiasmo si mescola alla nostalgia, e con il cuore palpitante partiamo sapendo innanzitutto che insieme ci possiamo sostenere, e che comunque un posto dove tornare, se le cose dovessero andare male, lo abbiamo sempre. Ci siamo innamorati di ogni posto in cui siamo stati, anche se per alcuni aspetti ci è certamente mancata l’Italia”.
La famiglia ha dovuto cambiare spesso abitudini e Maria anche il lavoro; lei che aveva studiato Economia e Commercio si è trovata per esempio, negli Stati Uniti, a insegnare lingua italiana a scuola e specifica: “Mi piace lavorare, e l’ho sempre fatto quando possibile, con entusiasmo; ho però dato sempre priorità alla gestione famigliare. Nei viaggi e nella vita, adattarsi al cambiamento e non rimanere fissi e inflessibili sulle proprie idee e abitudini, è fondamentale”.
Vuole sottolineare un aspetto importante del viaggio, dei viaggi: ”Abbiamo incontrato molti italiani all’estero. Alcuni di loro vivono da italiani senza cambiare nulla di sé, ignorando la cultura in cui sono immersi. Tanto per fare un esempio, in America ho incontrato donne, mogli e madri, che da anni vivevano lì e non conoscevano, e non avevano voluto imparare, una sola parola di inglese. Per queste persone è come stare in una bolla, in sospeso, in attesa di tempi migliori. Ma il tempo migliore è il presente, quindi cosa bisogna aspettare per vivere al meglio delle proprie possibilità e capacità? Noi, come tanti altri, invece, abbiamo cercato di integrarci, pur senza rinnegare nulla della nostra cultura, trovando così una nuova casa in cui stare bene, e un posto da amare, degli affetti nuovi da scoprire. Certo ci vuole impegno, perché è richiesto un grande sforzo di adattamento e immedesimazione, ma sì è ripagati infinitamente”.
Racconta che la loro fortuna è stata quella di incontrare espatriati che li hanno introdotti e accompagnati, a scoprire i posti nuovi, ad allacciare legami, a inserirsi nella comunità in cui arrivavano: “Pur rimanendo noi stessi, nell’incontro con persone nuove e culture diverse, siamo cambiati e siamo cresciuti”.
Vuole precisare: “Noi non siamo in fuga dall’Italia (come spesso si legge nelle interviste a connazionali all’estero), abbiamo solo colto le opportunità che la vita ci ha offerto finora. In Italia come all’estero, ci sono cose che funzionano e altre che non funzionano per nulla, cose giuste e cose sbagliate. Noi cerchiamo semplicemente di essere aperti alla vita e al mondo. Dove siamo chiamati, noi andiamo, forti di affetti che ci sostengono e pronti a scoprirne di nuovi”.
Questa è Maria, 36 anni, e un aspetto esile e fresco; spiritosa e divertente punteggia la sua lettera di punti esclamativi e interiezioni; i bambini sono Andrea, Giacomo, Simone e Matteo; i primi due sanno un po’ di inglese, il terzo pare abbia scordato tutto della lingua acquisita all’estero e il piccolo partirà per la prima volta questa estate, pronto a scoprire un nuovo mondo, sostenuto dall’esperienza dei fratellini.
Maria parla inglese e francese, e il dialetto di Abbiategrasso, imparato nella sua casa e nella sua famiglia d’origine, alla Gennara: “Tenterò di imparare anche il croato ma non garantisco risultati!”
Paola Mazzullo
L’articolo è stato pubblicato su Ordine e Libertà del 15 luglio 2016, pag. 20