“La curiosità verso le altre culture è la molla che mi ha sempre spinto a partire” inizia così il racconto di Flavio Ceriotti, un giovane abbiatense che si è trasferito in Israele.
Racconta, senza soffermarsi troppo, degli studi e delle esperienze giovanili; della musica invece parla diffusamente e con entusiasmo: è la sua passione, una passione che lo ha accompagnato in tutte le sue esperienze, diventando motore di vita.
“Ho iniziato a studiare il contrabbasso grazie al Complesso bandistico “La Filarmonica” di Abbiategrasso. E’ nella sede di via Alfieri, che ho ricevuto gratuitamente le mie prime lezioni di musica; poi ho conseguito il Diploma in contrabbasso al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Negli anni ho suonato anche con l’Accademia Musicale dell’Annunciata, nata nel 2009 per formare e educare in modo specialistico le nuove generazioni; ho avuto modo di conoscere Marco Pisi ed esibirmi con lui e i Fase Hobart al Bià Jazz Festival.”
In contemporanea ha affrontato gli studi al liceo scientifico, poi la laurea in Economia all’Università Statale di Milano: “Mi sono laureato e ho insegnato Economia, ma la musica mi chiamava risuonando costantemente dentro di me e così ho deciso di seguire la mia vera, unica passione”.
Poi ha conosciuto Erasmus. Non il filosofo olandese autore dell’ “Elogio della follia”, ma un programma di studio (acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students) che è stato il trampolino per la sua prima partenza nel 2012: una borsa di studio per vivere un anno a Varsavia e studiare alla “Fryderyk Chopin University of Music.
“Sono partito in automobile con il mio contrabbasso e il basso elettrico… occupavano quasi tutto lo spazio all’interno del veicolo, ma erano il bagaglio più importante da trasportare, l’unico che non poteva essere lasciato indietro. Il livello artistico degli studenti che frequentano l’università di Varsavia è molto alto -racconta Flavio – quello del cibo e del clima un po’ meno…- , aggiunge ridendo- e dalle trasferte in Italia riportavo sempre con me caffè e parmigiano!”.
Flavio dice che a Varsavia ha avuto la fortuna di conoscere musicisti straordinari, e anche l’onore di poter suonare con loro.
Il ritorno ad Abbiategrasso coincide con la stagione dei concerti; Flavio ne ricorda uno in particolare, a Milano, che ha dato una svolta affascinante alla sua vita: “In quel concerto io suonavo in orchestra e Eleonora era la cantante lirica solista; ci siamo conosciuti, abbiamo provato insieme, abbiamo amato lo stesso modo di fare musica e poi… ci siamo fidanzati”.
Insieme hanno deciso di partire nel 2014, per il primo viaggio in Israele.
L’8 luglio di quell’anno, la situazione tra israeliani e palestinesi è degenerata in un nuovo conflitto armato, con l’operazione “Margine protettivo”, proprio pochi giorni dopo il loro arrivo: “Ma ho deciso di restare perché nonostante le tensioni, il Medioriente, e Israele in particolare, con il suo mix di culture, mi affascina moltissimo”.
Poi torna a parlare di musica: “Determinante nella mia scelta di rimanere è stato l’incontro con il clarinettista Harel Shacha; ero a Giaffa, una città meravigliosa con i suoi 3000 anni di storia, e nel porto più antico del mondo, una sera, sentendolo suonare rimasi folgorato dalla sua musica.
Con lui ho iniziato a studiare il Maqam, la musica tradizionale suonata in Turchia e nei Paesi Arabi, e lo scorso aprile ho avuto l’onore di esibirmi al Festival di musica Sufi nel deserto, non lontano dal confine con la Giordania, proprio con Harel Shachal”.
Flavio Ceriotti vive ormai da più di un anno in Israele; ha preso casa tra Florentine (un quartiere nella parte meridionale di Tel Aviv) e Shuk Levinsky, il mercato delle spezie, a pochi passi dal mare. Dice di aver scelto quel quartiere per la magia dei colori, per i suoni, i profumi; l’atmosfera che si respira è carica di energia, è un luogo vitale e frequentato da tanti giovani.
Un paesaggio che gli è entrato nel cuore e al quale ormai si sente di appartenere anche se… “Quando vado a insegnare a Be’er Sheva, nel deserto del Negev, mi sveglio alle 05:00 e devo correre per prendere il treno. Quando sono seduto al mio posto e guardo fuori dal finestrino, cerco con gli occhi le mucche che accompagnavano i miei viaggi in treno sulla linea Milano-Mortara e ogni volta, invece, compaiono imponenti cammelli all’orizzonte e io mi accorgo di sorridere come un bambino a questi animali, che ogni volta mi sorprendono”.
Il legame con l’Italia è fortissimo e Flavio racconta che, ogni volta che il lavoro glielo consente, cerca di rientrare a casa: “Ad Abbiategrasso c’è tutta la mia famiglia e ci sono gli amici di sempre… e la nostalgia non può non affiorare; penso spesso alle mie nipotine Micol e Mia, che mi mancano davvero molto; anzi –chiede Flavio– posso approfittare delle pagine del giornale per mandare loro un grande abbraccio?”.
E poi aggiunge che con Abbiategrasso ha anche un forte legame musicale, oltre che affettivo, per tutte le esperienze importanti fatte, frequentando La Filarmonica e l’Accademia dell’Annunciata; “Vorrei lanciare un appello affinchè l’amministrazione cittadina riconosca sempre il valore delle associazioni che promuovono lo studio della musica e le sostenga nel loro operato” dice, memore del bene che, in prima persona, ha ricevuto, e nella speranza che anche tanti altri futuri musicisti abbiatensi possano godere delle stesse esperienze.
Ora lavora al progetto “Sulamot” della Israel Philharmonic Orchestra (Sulamot significa scale in ebraico): “Insegno contrabbasso a bambini ebrei e musulmani: suonano tutti insieme nella stessa orchestra. La prima volta che ho dovuto fare lezione, i bambini non parlavano inglese e io non parlavo né ebraico né arabo: è stata una vera sfida! Ma ci siamo capiti attraverso la musica; suonando insieme abbiamo imparato a conoscerci e a migliorarci, abbiamo imparato a condividere esperienze e volontà di fare, e fare bene, la stessa musica. La musica è davvero un linguaggio universale”.
Dice di amare moltissimo il suo lavoro, che gli consente di riconoscere alla musica, non solo il grande valore artistico che ha sempre avuto, ma anche un valore pedagogico e sociale. “I bambini fanno musica gomito a gomito, imparano, si divertono, ridono, sbagliano e si correggono, stringono amicizie, e in tutto questo riconoscono che si può lavorare insieme per ottenere un risultato diverso da quello che ciascuno potrebbe raggiungere da solo… e con le loro amicizie abbattono quei muri che gli adulti costruiscono”.
La Israele Philharmonic Orchestra è stata fondata nel 1936 e il concerto inaugurale a Tel Aviv fu diretto da un italiano celebre in tutto il mondo: Arturo Toscanini.
Flavio Ceriotti è affascinato dal Maqam, un concetto alla base della musica cantata, suonata, ascoltata e capita da tutti coloro la cui lingua madre è l’arabo o uno dei suoi dialetti, indipendentemente dalla religione, dall’etnia e dal luogo di residenza; il maqam designa sia la scala modale e le sue caratteristiche, che le reazioni emotive che esse possono suscitare nell’ascoltatore.
“Voglio fare ricerca in questo campo e imparare dai migliori musicisti che incontro qui” dice ancora il nostro musicista, che sta studiando il Maqam, la lingua, gli usi e i costumi di questa affascinante parte di mondo.
“Ho imparato a leggere e scrivere in ebraico ed ė divertente ritrovarsi a pensare o a sognare in un’altra lingua. La prossima lingua che affronterò sarà l’arabo!”
Ma quali sono le abitudini nuove che lo accompagnano e come è cambiato il suo stile di vita ? “Frequento gente del posto, mangio il cibo locale e scopro le loro tradizioni, ed è incredibilmente stimolante”.
E quando gli chiediamo quali sono i suoi progetti per il futuro, i suoi sogni, risponde: “Non faccio progetti a lungo termine… in fondo non è bello non sapere, non progettare tutto, non conoscere fino in fondo cosa ci riservano la vita e il futuro?
Complimenti a Flavio Ceriotti per il suo modo di amare il mondo; auguri per la sua carriera e per… il suo compleanno che è stato il 15 agosto: 32 anni di passione per la musica.
Paola Mazzullo
www.paolamazzullo.it
L’articolo è stato pubblicato su Ordine e Libertà del 19 agosto 2016, pag.18