Mentre nelle campagne lombarde e italiane si accendono, nella notte del 17 gennaio, i falò per festeggiare il Santo protettore degli animali domestici e degli armenti e agli animali la leggenda dà la facoltà di parlare e sui sagrati delle chiese si benedicono gli animali, nelle nostre campagne le aziende agricole e zootecniche sentono la crisi.
Fabrizio Fracassi, consigliere con delega all’Agricoltura del Parco del Ticino, sostiene: «Il nostro Ente si occupa di dare assistenza a tutto campo alle aziende agricole ubicate nel territorio, che hauna superficie di circa 91.800 ettari, di cui circa 20.500 tutelati a Parco Naturale. Il Parco raccoglie 47 Comuni lombardi lungo il tratto del fiume Ticino compreso tra il lago Maggiore e il fiume Po, nelle province di Varese, Milano e Pavia».
L’agricoltura è fondamentale per il Parco del Ticino: sui 90.000 ettari totali, più di 50.000 sono coltivati e nella normativa del Parco, infatti, un particolare interesse e attenzione è dedicato alle aree agricole nel loro complesso, anche per il fondamentale ruolo di connessione e salvaguardia con le aree di tutela naturale.
«I progetti sono molteplici, sostiene ancora Fracassi- per esempio per quanto riguarda gli armenti stiamo lavorando per ridurre il rischio di estinzione delle razze bovine autoctone. Abbiamo dato corso, con i finanziamenti della Fondazione Banca del Monte, a un progetto per avviare, innovare o implementare 5 aziende agricole e zootecniche: una a Motta Visconti e 4 in provincia di Pavia».
Al Parco è in atto da tempo il “progetto varzese” che si affianca allo sforzo messo in atto negli anni duemila, principalmente dall’ex Provincia di Milano, nel tentativo di recuperare l’antica razza bovina varzese-tortonese-ottonese. Si tratta dell’unica razza autoctona della Lombardia, passata dai 40.000 capi del dopoguerra alle poche decine ed al rischio estinzione di pochi anni fa. L’origine della razza è dell’appennino pavese. La razza Varzese è di mantello fromentino, rustica e longeva, di piccola taglia e dalla prevalente attitudine al lavoro con modeste produzioni e di carne e latte di qualità. Quest’ultima caratteristica l’ha fatta scartare nel tempo dagli agricoltori che, alla ricerca di produzioni sempre più elevate, si sono orientati verso razze estere. La Varzese ha comunque grande rusticità e ottime caratteristiche pascolive per cui può trovare un ruolo in un’agricoltura estensiva e/o multifunzionale.
Il Parco possiede una propria mandria e, attraverso fecondazioni mirate, a evitare consaguineità, contribuisce all’espansione della razza con la cessione dei vitelli ad aziende agricole del territorio. La mandria contribuisce inoltre a sperimentazioni di pascolo o altri interventi di carattere agro-ambientale, coordinati negli ultimi tre anni da un progetto cofinanziato da Fondazione Cariplo.
Si studiano gli effetti sul prodotto finale, inteso come latte e carne, delle variazioni di alimentazione; si cerca di ripristinare il pascolo con erbe spontanee nella zona delle marcite, sostituendolo, per quanto possibile, al tanto utilizzato “insilato”.
Tecniche agronomiche di origini antichissime rendono disponibile, anche d’inverno, l’erba nelle marcite, ma il lavoro dell’agricoltore deve essere continuo e preciso. Tra l’altro la commistione tra coltivazione, opera d’arte e testimonianza storico-culturale ne fa un elemento di grande importanza da preservare e ammirare. A ciò si aggiunge una valenza faunistico-ambientale risaputa, ma solo recentemente dimostrata scientificamente, per cui tali coltivazioni risultano fungere da rifugio a numerose specie di interesse conservazionistico
Il Parco del Ticino ha intrapreso, negli anni ’90, un percorso di collaborazione con gli agricoltori più attenti e sensibili, finalizzato alla salvaguardia di oltre 300 ettari di marcite. Oggi le marcite che ancora sopravvivono con certezza sono situate nel Parco del Ticino e nel Parco Agricolo Sud Milano (circa 500 ha).
Sono quasi trenta anni che il Parco assegna agli agricoltori un contributo economico, anche se modesto riferito alla mole di lavoro, per il mantenimento o il recupero delle marcite; grazie anche a questo contributo sopravvivono ambienti unici in Pianura Padana, testimonianza di un mondo agricolo capace di tramandare fino ad oggi un bene dalle radici antiche, ma dal valore attuale inestimabile.
Paola Mazzullo
www.paolamazzullo.it
L’articolo è stato pubblicato su La Libertà del 20 gennaio 2017, pag. 10