Paolo Curtaz, “L’amore e altri sport estremi”.
Paolo Curtaz, scrittore e teologo. Si definisce un cercatore; un cercatore del senso della vita, del grande disegno che giustifichi l’esistenza; un cercatore di Dio.
E nell’indagare il mistero della vita si interroga sull’amore che è emozione e forza, ma anche fatica e delusione.
E’ un prete che non esercita più il ministero, perché dispensato dalla Chiesa dagli obblighi derivanti dall’ordinazione sacerdotale.
Come racconta lui stesso: “Ho fatto scelte molto dolorose e ho chiesto alla Chiesa di sollevarmi dal peso del ministero. Ho desiderato donare tutta la mia vita al Vangelo, ma ho misurato i miei limiti, e ho dovuto ammettere di non essere in grado di svolgere il compito che liberamente avevo scelto. Oggi perciò vivo una nuova esperienza: ho formato una famiglia, sono diventato padre”.
Nel suo libro “L’amore e altri sport estremi” suggerisce spunti di riflessione, partendo dalle letture bibliche e attraversando esperienze personali e di amici che a lui hanno confidato segreti, sofferenze, ribellioni e amore e, amori.
Ha analizzato il tema dell’affettività, della coppia, della genitorialità, sempre a partire dalla Parola di Dio.
“Mi chiedo se il dolore e l’amore siano due facce della stessa medaglia; e continuo a cercare di specchiarmi e di crescere, alla luce delle parole del Nazareno” dice, invitando alla riflessione, che deve essere stimolo per un cambiamento, tappa per revisioni di vita.
“Oggi si ha l’impressione di assistere a uno sfacelo affettivo, ad uno tsunami delle relazioni, a una schizofrenia affettiva. Da un lato si enfatizza l’amore, come ultima e unica ragione per cui valga la pena di vivere, dopo il fallimento degli ideali dei secoli recenti, dall’altro, con spietato cinismo, si nega la possibilità di amarsi nel tempo”.
Il paradosso che gli pare di sentire oggi è che l’amore è eterno, certo, ma solo finché dura.
Tra le tante riflessioni di Curtaz, alcune riguardano il confronto tra il nostro recente passato in cui le coppie superavano l’usura del tempo e il costume presente di separarsi, nell’incapacità di risolvere conflitti, e/o noia, o resistere a nuovi e promettenti incontri .
“Una volta ci si sposava e si restava sposati per sempre. Perché? Perchè non c’erano altre soluzioni? Perché la gente era sottomessa?”.
La riflessione si estende al bisogno dell’essere umano, di condividere il proprio destino con gli altri: “L’uomo è relazione, è rapporto; la sua natura è basata sull’aiuto, sulla reciprocità. Nella creazione Dio parla di un essere umano indiviso, ermafrodito, che contiene in sé maschio e femmina; poi diviso in due parti: ish e isha. La coppia è la risposta alla solitudine dell’umano.”
“La bellezza della copia sta proprio nella diversità come opportunità di conoscere un mondo nuovo! E’ faticoso accettare la prospettiva dell’altro (degli altri, ndr.), richiede l’uscire da se stessi, richiede il dialogo, il confronto, richiede il mettersi in discussione”.
Il messaggio che vuole lasciarci l’autore ci mostra l’uomo e la donna, come due parti di uno stesso progetto, come compagni di una strada da percorrere insieme, cercando il senso e la felicità; due esseri che si riconoscono nella loro diversità e la rispettano facendola diventare la loro forza.
Poi Curtaz prosegue riflettendo sulla coppia, l’unione, il matrimonio, il sesso; e si pone domande birichine: quanto è biblica la visione tradizionale della sessualità? E il ruolo della donna? Quanto di sociale e quanto di culturale troviamo nella proposta matrimoniale cattolica?
“Come in tutte le culture, l’aspetto sociale e l’aspetto religioso si sono mescolati nei tempi, fino a diventare quasi indistinguibili. Molti vedono per cristiane norme e regole che, invece, derivano dalla consuetudine sociale”-
E il sesso, visto, per secoli, come peccaminoso, tollerato solo ai fini della procreazione, cosa è diventato oggi?
“Ma la diversità sessuale rappresenta le due facce di una stessa medaglia.
Quindi coppie cattoliche fate l’amore! Una sessualità gioiosa, giocosa, autentica, aperta all’altro. Coltivate la seduzione, non sottovalutate la forza della sessualità come legame della coppia” dice ancora Curtaz che considera l’innamoramento come la pagina pubblicitaria dell’amore.
Innamorarsi è la prima, fondamentale, tappa di un percorso che deve diventare apertura per qualche cosa di più forte, di duraturo, di stabile. E’ un motore che si avvia per portarci oltre: anche se crescere costa fatica e l’amore ha un prezzo. “L’amore va coltivato, costa sudore… ma se abbiamo il coraggio di prendere delle decisioni, di assumerci delle responsabilità porterà frutti”.
“Oggi tendiamo ad evitare la fatica, con l’illusoria speranza che si possano ottenere risultati senza impegno. E questo accade in ogni ambito, non solo quello affettivo. La logica del tutto e subito, del massimo risultato con il minimo sforzo, del diritto dovuto e del dovere contrattabile: logica dell’approssimazione e del consumismo.
Si sta insieme con riserva, dispositi a condividere tutto, ma solo entro certi limiti”. Si pensa facilmente ad abbandonare il terreno di gioco, nell’ingannevole speranza di poter vincere in una partita diversa, con un avversario più accondiscendente. Si cerca di ripetere l’esperienza dell’innamoramento all’infinito, con partner diversi.
“Innamorarsi è bello, piacere a qualcuno è bello, ricevere dei complimenti è bello, inutile nascondercelo! E’ ovvio che la nostra parte adolescenziale vuole il giocattolo a tutti i costi: se ho provato delle belle sensazioni le voglio ripetere, costi quel che costi -suggerisce Curtaz – ma chi ha fatto esperienza di separazione sa che questo è un momento molto difficile della vita: per il senso di fallimento che ne deriva, per la tensione conflittuale che si accumula, per il dolore dei figli che subiscono le scelte degli adulti: quasi mai la separazione è la soluzione ai problemi di relazione”.
“Se nella nostra vita affettiva e matrimoniale, abbiamo commesso degli sbagli e fatto delle scelte approssimative che ci hanno portato alla separazione, abbiamo sempre la possibilità di capire e cambiare, ma solo se sappiamo riconoscere i nostri errori e le nostre responsabilità.
Non si tratta di stabilire chi dei due ha ragione, ma di trovare una strada condivisa; perciò bisogna imparare a litigare bene. A mettersi nei panni dell’altro e cercare di capire le sue ragioni, evitare i pregiudizi, abbandonare i rancori legati al passato E sapersi ascoltare. Non interrompere l’altro, non alzare la voce”.
E ci vengono proposti altri interrogativi: E’ inevitabile il tradimento? Al cuore non si comanda?
La risposta suggerisce che al cuore si può comandare, nel senso che lo si può far dialogare con l’intelligenza e la volontà.
“La nostra vita non deve e non può diventare un costante incontro di pugilato; occorre cercare con perseveranza uno scambio costruttivo di opinioni, per trovare decisioni da condividere”.
Paola Mazzullo
L’articolo è stato pubblicato su Ordine e Libertà del 10 agosto 2016, pag 7