Con il classico “c’era una volta…” iniziano le favole, ma possono anche iniziare con “c’è… a Casterno un nido, anzi un micronido, dove i bambini crescono felici”.
E varcando la soglia del cancello al numero 4 di via Villoresi sembra davvero di entrare nel mondo felice di una fiaba. Non ci sono bambini che piangono per l’abbandono della mamma, anzi quando i piccoli entrano, non vedono l’ora di slacciare la cerniera del giubbotto, togliere cappello e guanti, sfilare le scarpine per correre a giocare sul tappetone morbido.
Sono 10 i piccoli (tra i tre mesi e i tre anni) accolti nel micronido di Casterno, della Cooperativa Sociale Onlus L’Arcobaleno, e Natasha, la direttrice/imprenditrice, mi racconta che è il numero perfetto per seguire tutti con attenzione e affetto. “Accogliamo solo un piccolissimo, di età tra i tre e i dodici mesi, per ogni anno; così abbiamo tempo di dedicarci a tutti nel migliore dei modi, per farli sentire tutti a proprio agio, come fossero a casa loro, ma con l’opportunità di fare anche nuove esperienze”, spiega la direttrice.
Natasha poi mi accompagna a visitare il grande giardino dove i bambini possono sperimentare giochi all’aperto in spazi sicuri; un giardino con le altalene, lo scivolo ma anche sabbia, alberi da frutto, montagne di foglie colorate, piccoli attrezzi da giardino (e fiori in primavera assicura Natasha), insomma un luogo ideale per esperienze stimolanti. “Correre in un prato, sporcarsi con la terra, vivere avventurose esplorazioni, costruirsi giocattoli con elementi della natura, sostiene Natasha, dovrebbe essere un diritto per ogni bambino”. Poi entriamo nella grande casa: ecco la stanza della nanna, la stanza dei giochi, la stanza “morbida”, l’ampia cucina con il tavolone intorno al quale sono sistemate le 10 sedie anatomiche Stokke, che si adattano all’altezza dei bambini. E Natasha racconta ancora “l’ambiente casalingo dà continuità ai luoghi familiari e viene vissuto come allargamento della propria casa e non come un ambiente nuovo, sconosciuto ed ostile in cui sentirsi estranei”.
E nella cucina mi colpisce la tovaglia plastifica sotto la quale riposa un fondale marino, colorato di blu dai bimbi, con tanti pesci a occhieggiare e alghe e conchiglie; il fondale accompagna i bimbi nelle merende e nei pranzi e già mi immagino quante storie meravigliose vengano raccontate intorno a quella tovaglia.
Natasha, che ha tre figli ormai grandi, racconta di come ha creato questo micronido nel 2007, passando dall’esperienza precedente del nido famiglia. “Ho una passione innata per i bambini, e desideravo creare un ambiente dove accogliere con gioia e serenità i più piccoli. E’ importantissimo che si sentano liberi di giocare, di sperimentare, di chiedere e ottenere risposte. Ho attinto idee e motivazione dalle mie personali esperienze scolastiche che sono state molto stimolanti, ma ho studiato anche i metodi della scuola steineriana e della Montessori; non voglio però categorizzare e riconoscermi in un settore educativo specifico, desidero proporre tutto quello che di buono ho studiato e sperimentato senza etichette, condividendo progetti e idee anche con altri nidi o scuole materne”.
Al Nido di Casterno, inseriti nella routine, trovano spazio giornalmente attività quali: il canto, la danza, le passeggiate nei prati e nei boschetti antistanti, la raccolta di frutta e verdura nell’orto ma anche a seconda delle stagioni cucinare qualcosa di buono, accarezzare e nutrire gli animali, divertirsi col grano, argilla, paglia, ascoltare il silenzio. E a cadenza settimanale c’è anche il laboratorio di inglese.
Intanto che Natasha racconta, in cucina, di sottofondo, si sente musica classica e “è fondamentale far loro sperimentare tante cose, non è vero che sono troppo piccoli per capire l’arte” suggerisce Natasha mentre mi spiega che, in collaborazione con Totem la Tribù delle arti di Magenta, ha accompagnato questi piccoli al teatro Lirico di Magenta per assistere al “Carnevale degli animali”.
Se pensiamo che il 90% delle informazioni vengono apprese nei primi tre anni di vita ci rendiamo conto di quanto importante sia far sperimentare tante sensazioni diverse ai bambini. I primi tre anni di vita rappresentano infatti una fase molto ricca e complessa dello sviluppo, caratterizzata da importanti conquiste relative alla coscienza di sé e alla consapevolezza del mondo esterno..
“Vi sono esperienze fatte a quest’età che entrano nell’anima del bambino donando vitalità,
calore e benessere; più sono belle più sono pregnanti per la sua formazione. Noi stessi non ricordiamo i pensieri di quando avevamo tre anni ma le sensazioni sì… il profumo di una torta che cuoceva nel forno, il calore del fuoco di un camino…” e Natasha prosegue raccontando che la sua mamma, la nonna Egle, in quella cucina prepara la pasta all’uovo fatta in casa e i bambini, interessati e curiosi, vogliono guardare, toccare, capire come si fa, perché si fa così?, perché l’uovo è giallo?, perché si fa la pasta?, perché?… perché?….perchè? E così tocca a Natasha e all’educatrice portare i piccoli a veder maturare il grano nei campi, a scovare le uova sotto le galline nella fattoria vicina , a comprare la farina alla bottega. E i bimbi vanno a passeggio per le vie di Casterno, anche per incontrare i bambini grandi delle elementari, incontrare il pastore transumante con le sue pecore… Ma come si fa a portare a passeggio 10 bambini di età compresa tra l’anno e i tre anni? Come si fa a tenere le loro manine per non far loro correre rischi? La soluzione è una piccola bretella morbida che assicura ogni bimbo a un nastro centrale, tenuto dall’educatrice, e sul quale i bimbi appoggiano le manine, una vicina all’altra. E se camminando per Casterno vi capita di sentire un coro di vocine cantare ritornelli in italiano, inglese, tedesco o spagnolo, seguite la melodia e vedrete sfilare Natasha con i suoi piccoli che cantano felici, tenendosi per mano.
Paola Mazzullo
L’articolo è stato pubblicato su La Libertà del 19 Febbraio 2016, pag. 34